In un mio aforisma ho definito
il genio dell'artista: un filtro
in cui passa l'essenza della vita.
"Desidero che il mio funerale sia fatto nella forma più modesta e di essere sepolto nel centro del mio Villaggio ... Invoco
perciò, con viva passione dal Comune di Verona di assecondare questo mio idealissimo sogno ... Desidero pure che non si
disturbino alte personalità per accompagnare me, povero morto, alla sepoltura, mentre esse potranno occupare il loro
tempo assai più vantaggiosamente per tutelare il bene dei vivi ... Dunque non autorità ... e nemmeno discorsi e nemmeno
maschere e ritratti dipinti o scolpiti della mia immagine, che, ben conoscendo la simpatia e l'affetto per me dei pittori
e degli scultori miei concittadini, per la gioia di abbellirmi, essi potrebbero mandarmi ai posteri ben diverso da come
Mamma Natura mi ha creato".
Il curioso testo, parzialmente riportato, fa parte di una serie di annotazioni autografe di Angelo Dall'Oca Bianca,
definite anche come postille, presenti nel testamento olografo redatto in data 26 maggio 1941, l'anno che precede la sua
morte. L'arguto passo offre un'argomentazione importante a chiunque si presti a comprendere e delineare la vita di uno
degli artisti veronesi fra i più produttivi e noti in ambito nazionale e internazionale, analizzando la sua vicenda alla
luce del rapporto con la città in cui nasce e vive tutta la vita. Il legame con Verona può essere inteso sotto un duplice
aspetto, poiché si sviluppa su un binario fatto di due direttrici che corrono parallele ed equidistanti senza incontrarsi
mai. Da una parte c'è l'amore e l'affetto sincero per la sua città e per i suoi concittadini, dall'altra vi è l'esplicita
e declamata avversione nei confronti delle cariche ufficiali e le istituzioni cittadine [...]. Dell'amore di Angelo
Dall'Oca Bianca per i suoi concittadini più poveri e negletti rimane esemplare testimonianza l'edificazione del
Villaggio, inaugurato nel dicembre del 1939, a lui dedicato. [...] Un testo d'elogio per l'artista scritto da Carlo
Battaglia rende noto il titolo del quadro venduto per la costruzione del Villaggio. Si tratta dello studio per il celebre
dipinto intitolato Ave Maria, opera che riceve nel 1886 il prestigioso Premio Principe Umberto, donato dall'artista al
Civico Museo del Castello Sforzesco di Milano tramite il Legato del 1941.
Dall'Oca Bianca nasce a Verona nel 1858 in una modesta casa presso la via di Santa Maria Rocca Maggiore nel cuore della
città antica, da Giuseppe Dall'Oca, di professione verniciatore, e Beatrice Resi, casalinga.
Trascorre la prima fase della sua infanzia per la strada a fare marachelle e corbellerie insieme ai compagni d'avventura
di quella Verona povera e plebea alla quale si legherà in un rapporto indissolubile. Dopo la morte prematura del padre
abbandona per sempre i tempi di un'esistenza vissuta allo sbaraglio, fatta di lunghe nottate trascorse sotto i ponti per
evitare il rientro burrascoso a casa. Gli esordi della sua carriera artistica si collocano intorno al 1870, periodo in
cui il giovane Dall'Oca muove i primi passi, realizzando una serie di disegni tra i quali il più noto rimane Mio padre,
datato 1873. Grazie a un'annotazione autografa, si apprende che il disegno è un lavoro eseguito alla sola età di quindici
anni, prima di entrare all'accademia.
[...] Si interessa al giovane pittore lo scultore Ugo Zannoni il quale, con l'accordo di artisti come Angelo Pegrassi e il
futuro maestro Napoleone Nani, nel 1874 ottiene l'ammisione di Dall'Oca all'Accademia d'arte di pittura e scultura di
Verona Giambettino Cignaroli.
I presupposti per poter considerare il giovane ribelle un enfant prodige, futuro esponente della locale pittura di genere
di fine Ottocento, c'erano tutti. La serie dei primi nudi accademici gli consente di farsi conoscere a maestri e compagni
di studio come giovane artista capace nel confronto con la realtà, abile nella resa coloristica del lumeggiato delle
carni, nonché nelle molteplici soluzioni compositive delle posizioni del corpo umano. Sono riconoscibili in questi lavori
gli insegnamenti di Napoleone Nani, suo maestro di pittura e direttore dell'accademia [...]. Alla ricreazione di modelli
e forme artefatte degli studi chiusi fra le mura dell'accademia, ben presto Dall'Oca preferirà una pittura che vive
accanto al modello, che nei suoi quadri si ritrova nelle piazze, lungo gli argini dell'Adige, sui ponti della città,
sulla sponda del lago di Garda, a Torri del Benaco, nelle figure rappresentate nell'atto di vendere fiori, di pescare, di
riposare su una panchina al sole o di andare spensierati in bicicletta. Dal "verismo" pittorico profetizzato da Nani,
Dall'Oca arriverà a ottenere per le sue opere la "verità" del racconto aneddotico, colto nelle sue implicazioni più umili
e quotidiane.
Si avvicina, allora, alla pittura di genere del più anziano e ormai famoso Giacomo Favretto [1849-1887], suo alter ego a
Venezia. Da questi apprende l'utilizzo della tecnica pittorica, che in Dall'Oca si trasforma per divenire sempre più
libera e vaporosa, adottando allo stesso tempo una gamma cromatica composta da colori vivaci e brillanti. Quelle del
pittore veneziano sono opere che Dall'Oca impara a conoscere durante gli anni accademici, intorno al 1875, quando si reca
a Venezia per frequentare saltuariamente i corsi di perfezionamento presso l'Accademia di Belle Arti locale. [...] Un gesto
di fondamentale importanza per il patrimonio artistico cittadino è stato compiuto da Angelo Dall'Oca Bianca con la
donazione di un primo gruppo di opere per l'inaugurazione della Galleria d'Arte Moderna di Verona, che porta il nome
dello scienziato-botanico Achille Forti, prima del Legato dell'artista del 1941. La Galleria Civica è inaugurata il 5
dicembre 1938 alla presenza del direttore dei Civici Musei Antonio Avena e del ministro dell'educazione nazionale Bottai
[...].
A questo primo gruppo di sette opere l'artista aggiungerà in data 1939, in occasione dell'inaugurazione delle cosiddette
"sale dallochiane" presso Palazzo Forti, un secondo corpo di opere composto da trentun quadri. Chiude la cospicua mole di
donazioni dell'artista il Legato del 26 maggio 1941, con il quale il Comune di Verona, erede universale, "dovrà raccogliere
le più importanti mie opere d'Arte in una Galleria espressamente e saviamente disposta ... trovo opportuno aggiungere che
dette mie opere - in aggiunta a quelle già donate da me due anni or sono - devono formare in perpetuo un complesso, una
Galleria, a carico dell'Erede universale, inalienabile, per nessuna ragione al mondo"[...].
L'ultima fase della sua produzione vede il pittore stanco, alla perenne ricerca di esiti stilistici originali e
innovativi, che si tradurranno in lavori privi di originalità formale e infelici nella stesura pittorica, a causa anche
dell'impiego di stravaganti tecniche miste di colori a olio stemperati con solventi, carboncino, gessetti, matite
policrome, pastelli e biacca. Sono di questo periodo i più di cinquanta studi, schizzi e disegni preparatori della serie
"dalle macchie sui muri", presenti in Collezione Civica grazie al Legato del pittore.
Angelo Dall'Oca Bianca muore nella sua casa di Santa Maria Rocca Maggiore nel maggio 1942. Nel suo testamento esprime il
desiderio di "incidere sulla mia lapide il seguente pensiero, che io ebbi a scrivere molti anni or sono in occasione di
un referendum indetto da una rivista in cui si chiedeva: Vi piace o no morire?. Alla strana domanda io diedi una risposta
che sintetizza il mio temperamento e tutta la mia esistenza; eccola ['Impiego tutte le mie virtù per passare il giorno
con la maggior letizia ma giunto a sera, quando il sonno ha la cortesia di venirmi a trovare, io lo colgo con un fremito
di vera gioia! ... Così, come passo dalle occupazioni del giorno, nel riposo della notte, io passerò anche dalla vita alla
morte'] E poi... il pensiero di compiere al fine qualcosa da cui possa raccogliere l'approvazione dei più, mentre i più
hanno sempre disapprovato tutte le mie cose, mi sorride immensamente e mi incoraggia alla mia filosofia del 'salto finale':
Oh questo sarà certo... il mio capolavoro!".