KAZIMIR MALEVICH E LE FONTI DELL'AVANGUARDIA: LA PITTURA DI ICONE
di Tatyana Vilinbakhova

Demetrio, Parasceve, Anastasia
Fine XV - inizio XVI sec.

Madre di Dio di Gerusalemme
Inizio del XVI sec


Miracolo di S. Giorgio e il drago
Seconda metà del XVI sec.


Salvatore Pantocratore
XVII sec.


Natività della Madre di Dio
XIX sec.

[...]
Il volto autentico dell'icona medievale fu riscoperto solo all'inizio del XX secolo, quando furono liberate dai rifacimenti posteriori le prime opere antiche. Questa scoperta provocò sui contemporanei un'impressione sconvolgente. Ritornava alla luce un mondo che sembrava perduto per sempre, un mondo colmo di bellezza, di armonia, di sorprendenti rivelazioni artistiche. Questa scoperta coincise con un periodo di grande slancio della cultura russa. Secondo le parole di Nikolai Berdjaev, "all'inizio del XX secolo in Russia si ebbe un autentico rinascimento culturale, religioso, filosofico, artistico". [...] Al mondo dell'icona, che spalancava la visione di un'altra realtà, si volsero pressoché tutti i più grandi artisti della nuova generazione, Kuzma Petrov-Vodkin, Pavel Kuznetsov, Mikhail Larionov, Natalia Goncharova, Vladimir Tatlin, Alexander Shevchenko, Alexei Grischenko, Nikolai Roerich, Dmitry Stelletsky ed altri ancora. [...]
Probabilmente, l'interesse più coerente per l'icona fu quello manifestato da Kazimir Malevich e Lyubov Popova. Infatti, il sistema artistico della pittura medievale con le sue leggi, i suoi principi verificati e perfezionati nei secoli, non poteva non affascinare Malevich, che nella propria arte aspirava a creare un nuovo sistema pittorico, rigoroso e netto. Le composizioni delle icone, costruite con nitore, facilmente riconducibili a forme geometriche impiegate talvolta addirittura in modo diretto, trovarono una prosecuzione e uno sviluppo negli studi suprematisti di Malevich, nella sua aspirazione a creare una "nuova icona". I suoi tentativi di soluzione dello spazio, che sembra dispiegarsi davanti allo spettatore, sono pienamente conformi al principio della cosiddetta "prospettiva rovesciata", adottata nell'icona. Questo principio fondamentale della pittura di icone permetteva di creare un nuovo spazio concluso nei limiti della superficie iconica, uno spazio che si subordinava a delle leggi sue proprie e dava vita a corrispondenti forme di figure ed oggetti. Queste forme esigevano la rinuncia al modellato dei chiaroscuri naturali, il conferimento di un maggior rilievo al contorno, la violazione dei rapporti di grandezza tra le raffigurazioni in uso nell'arte realista, un colore uniforme e piatto.
Ritroviamo un impiego diretto dell'immagine iconica ed una sua trasformazione nella tela "Testa di contadino", dipinta da Malevich fra il 1928 e il 1932 (Museo Russo). La figura creata dall'artista ricorda l'effigie del Salvatore Pantocratore dipinta da un iconografo della provincia settentrionale nel XVII secolo. La testa di contadino, molto ravvicinata allo spettatore, occupa gran parte del quadro. Sullo sfondo è visibile una croce rossa, le cui estremità fuoriescono dalla tela. La croce sembra letteralmente sovrapporsi al paesaggio che si dispiega sul fondo, una terra rigogliosa, ricca, pacifica e gioiosa, adagiata in distese ampie e libere. Il colore è luminoso, intenso come nelle icone. La sua simbologia è chiara e tradizionale. Il volto bianco è puro e innocente e i raggi che ne emanano, simili a un sole rosso, alla luce, alla fiamma della fede e dell'amore, illuminano e adornano la terra. Quest'uomo è l'inizio e la fine, l'alfa e l'omega, il salvatore e il creatore di tutta la bellezza terrena. Accostata all'effigie del Salvatore Pantocratore, la figura del contadino si trasforma in un sublime simbolo.
Uno dei motivi prediletti da Malevich nelle prime fasi della sua arte erano le figure in piedi, disposte in fila e rivolte frontalmente verso lo spettatore. Solitamente sono figure dei cicli contadini. Sono paragonabili alle figure dei santi affiancati nelle icone. Generalmente i santi protettori venivano raffigurati in piedi l'uno accanto all'altro; le loro figure e gesti erano simili e, in questa somiglianza ed unità ritmica, si traduceva la loro unione spirituale nella fede e nella fermezza. Sono la difesa sicura, lo scudo spirituale dell'uomo. Secondo l'espressione di un autore spirituale, "i santi che di generazione in generazione, in conformità alle indicazioni divine, seguono le orme dei santi che sono venuti prima... creano una sorta di catena dorata , in cui ogni anello è collegato al precedente nella fede, nelle opere e nell'amore, a formare un'unica linea verso l'unico Dio, una linea che non può essere spezzata". Anche i santi raffigurati sulle icone sono gli anelli di una catena d'oro senza fine. Malevich assimila a questa visione i suoi contadini: le loro figure, ravvicinate allo spettatore, sembrano difendere, salvaguardare il mondo che si dispiega alle loro spalle. Sono privi di individualità, come gli anelli di un'unica catena senza fine. Le fisionomie sono simboli. Il concetto di fisionomia umana intesa come "scudo" è ulteriormente sottolineato dalla resa plastica "metallica" delle figure, che sembrano quasi ritagliate nel metallo.
Queste figure legano l'artista all'antica tradizione spirituale con un vincolo più forte dei tentativi di molti suoi contemporanei di dipingere in "stile bizantino".



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