Sergei Shablavin, Crepuscolo dalla serie "Città"
(1979-80) - olio su tela
Grisha Bruskin, Ger Cedek (1984-85) - gouache e inchiostro


Il 14 ottobre 1964 Krushev fu obbligato a presentare le dimissioni e a cedere il potere a Breznev. Ancora una volta è l'azione del potere a determinare le condizioni operative del non-conformismo. Accade che il movimento, in grado ormai di condurre una battaglia sempre più esplicita e ricca di consapevolezza anche politica, spinge il potere ad usare la tattica del "divide et impera", attraverso un tentativo di recuperare alla logica del sistema le forze dissidenti. La situazione in realtà precipita intorno alla metà degli anni settanta. In occasione della famosa mostra all'aperto del settembre 1974, dispersa dalle forze dell'ordine utilizzano perfino dei bulldozer, e dunque rimasta nella storia come "mostra-bulldozer", i limiti della politica brezneviana in fatto di diritti civili si manifestano pienamente anche per quanto riguarda il mondo artistico.
Alla repressione seguirà un tentativo d'apertura; si tratta non solo di rispondere alla forte protesta esplosa sulla stampa internazionale, ma anche di intervenire sull'evidente malessere interno al paese. Nasce così una Sezione Ufficiale di Pittura in seno al "Gorkom (Comitato Cittadino) dei grafici di Mosca", con una sede e dunque possibilità di esporre nella via Malaia Gruzinskaia.
Con tale mossa, il potere propone agli artisti di scegliere tra l'accettazione di una visibilità, sia pur limitata, in cambio di automoderazione oppure di andare incontro alla repressione, con i rischi di perdita della cittadinanza e di espulsione.
Sono questi gli anni dell'emigrazione degli artisti e degli uomini di cultura.
A livello stilistico, d'altro canto, l'arte dissidente si pone al passo con gli sviluppi occidentali contemporanei. L'approccio dell'artista con il mondo recupera la tradizionale attenzione al fatto linguistico propria della cultura russa. Si rinnova l'interesse per lo strutturalismo, bagaglio già delle Avanguardie storiche. La tensione strutturale permetterà di spingersi oltre l'ideologia attraverso la decostruzione dei linguaggi stessi e la critica dissacrante del teatro del sociale.
Serva da esempio la "Sots Art", con la sua ironica e corrosiva strategia tesa ad utilizzare l'universo visivo e simbolico della propaganda sovietica, il proliferare degli acronimi, le tipologie retoriche e ieratiche, per smascherarne il fondo illusorio ma onnipresente.
Una forma di resistenza più dolce, ma non meno dissacrante, emergerà dalle esperienze "concettuali" che, iniziate dal grande Kabakov, faranno da cassa di risonanza al non-sense della chiacchiera infinita dell'Homo Sovieticus.
La vita sociale e quotidiana, la ritualità di regime, le stesse strategie di costruzione e decostruzione dell'opera, nella fase precedente intese come momenti d'emancipazione, diventano materiali puri per la produzione di giochi artistici 'oggettivanti', con un distacco tra l'artista ed il suo mondo che va precisamente in parallelo con quanto in Occidente promuove il post-modernismo.




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